Oggi è venerdì 6 maggio, sono le 20 e qualche minuto, e si sta per concludere quella che è stata una lunga, ma ricca, giornata. Ho affrontato con coraggio le difficoltà di una città soggetta a sciopero generale dei mezzi di trasporto e a deviazioni stradali per sgomberare la zona dell'Ambasciata Americana che ospita la Signora Clinton e sono arrivata puntuale in Via Ulisse Aldrovandi 16. Questa mattina, infatti, è stato presentato un Forum della letteratura Sino-Italiana presso l'Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente, uno dei tanti progetti organizzati in occasione dell'Anno Culturale della Cina in Italia (意大利 “中国文化年).
Come ogni convegno che si rispetti, a pochi minuti dall'inizio, proprio quando la ressa di gente aumenta, c’è stato un accavallarsi di procedure pratiche da sbrigare rapidamente che mi hanno vista volontaria nel gestire lo stand d'entrata per la distribuzione di riviste, programma dell'incontro, audiocuffie per la traduzione e via dicendo.
Questi pochi minuti non hanno compromesso affatto la mia piena partecipazione, ne è testimonianza il fatto che, nonostante il ritardo, io abbia trovato un posto dove sedermi, e non è cosa scontata in queste occasioni! Il Forum ha visto l'avvicendarsi di 6 scrittori cinesi e 6 italiani che hanno affrontato vari temi inerenti ad entrambe le letterature, ma tra gli interventi a cui ho assistito oggi, uno in particolare ha rapito la mia attenzione. La discussione portava il titolo di “Internet, la lettura e la creazione”, e ad esaminare il tema è stato il poeta, narratore, drammaturgo e regista teatrale Marco Palladini. Molte sono le sue pubblicazioni, e molte altre le sue attività, ma tengo a dire soprattutto che egli è direttore della rivista on-line del Sindacato Nazionale Scrittori, e che è autore di ben 3 e-book.
L'inizio del dibattito è nato in risposta all'interrogativo: come abitare la rete? Ovvero, come sfruttare le potenzialità che il web ci offre per divulgare la cultura, e la letteratura,in questo caso specifico. Egli cita il linguaggio verbale come già tecnologia in sé. In effetti, da un punto di vista semantico, è una parola composta che deriva dal termine greco τεχνολογια, cioè “discorso sull'arte”, e che designa una tecnica, un'abilità. Detto ciò, essa può benissimo essere concepita come tecnica della comunicazione stessa, perchè no? Poi, si è passati a parlare dell' e-book. Egli, riporto testualmente le parole, ha definito l'e-book come un “processo di mutamento del libro, dove non muta né la forma né l'idea del libro, solo il supporto”. Mmm. No, io non credo. Non voglio fare la romantica e discorrere su quanto è buono il sapore di una pagina quando la si sfoglia con il dito portato alla bocca, o anche solo il gesto o il rumore che fa la pagina durante questa azione. Non voglio farla, ma credo di esserlo. Non è un mutamento, sempre a parer mio, è una sostituzione bella e buona. Qui è in gioco il destino dello scrittore contemporaneo. Perchè adattare il messaggio che vogliamo comunicare al mezzo attraverso cui farlo comporta un lavoro attento e specifico sulla lingua che usiamo, e già qui perdiamo qualcosa, mi viene da pensare alla naturalezza, chissà. Ma poi, vogliamo veramente mettere a paragone la luce naturale che ci illumina la pagina, con quella artificiale e smorta di un iPhone/iPad o altra tecnologia che sia? Per favore. Una previsione molto interessante fu quella annunciata da William Gibson, il più celebre autore della corrente letteraria del Cyberpunk, che guardò a questo futuro dichiarando che “gli spazi di libertà saranno riservati a pochi eroi”.
Io questa libertà la collego al rischio di rimanere vittime passive di questo sistema, dove i libri ci vengono proposti, non siamo noi a scoprirli in remoti angoli di librerie o seguendo un genere o un autore che dalla prima lettura ci ha convinto.
Seguendo la traccia dello stesso titolo, l'intervento del relatore cinese, il grande (grandissimo, io direi) scrittore cinese Su Tong (苏童) ha raccontato l'episodio in cui ha scoperto le possibilità che offre internet. Da quando comprò una casa con il giardino, decise di occuparsene. Era pieno di fiori che davano colore, ma sentiva che mancava qualcosa. Una giara. Scoprì che voleva una giara, e iniziò una lunga ricerca per negozi e mercati, una ricerca che non portò frutti. All'umanità non servivano più giare, ma, perchè stupirsi, sul web c'erano tante, non poche, persone che le vendevano. “Se c'è chi compra, di sicuro c'è chi vende”, ha concluso il racconto Su Tong. Certo, la creazione che ha luogo nel web è sempre un prodotto dell'uomo e del suo operare, e come disse lo scrittore e giornalista italiano Ennio Flaiano “l'uomo è un animale pensante, e quando pensa non può che essere in alto”, ed il risultato è quello di una società migliore. Ogni tecnologia ha diritto di svilupparsi e migliorare, anche l'e-book, ma mi piacerebbe lo facesse affiancandosi al libro, non rimpiazzandolo. Penso a queste cose e non cerco una risposta, ma la domanda giusta che stimoli il mio interesse verso questa novità.
Mi è piaciuto tantissimo il tuo articolo Feda mia! E sono d'accordo con quello che dici. Anche se leggere i giornali e riviste su iPad non mi dispiace, passare agli e-book ancora non mi convince pienamente. Un libro è bello proprio perché profuma di carta, lo si può leggere nell'intimo del proprio letto senza schermi luminosi o ronzii di caricaritori.
RispondiEliminaVolevo aggiungere un commento al discorso che fai sul cambiamento del linguaggio a seguito del cambiamento delle tecnologie (e dei supporti attraverso cui il linguaggio viene trasmesso e comunicato). Mauro Piccoli, un giornalista di Repubblica che ho intervistato per la mia tesi, mi ha detto che, con l'avvento del computer, la scrittura giornalistica è cambiata. E' diventata più ricca, più convoluta, più ricca di metafore. Prima, quando le pagine dei giornali si stampavano in tipografia, gli articoli avevano infatti una struttura piramidale. Prima gli argomenti più importanti, dichiarazioni e particolari "futuli" alla fine. Così, se il tipografo doveva accorciare l'articolo perché troppo lungo, non ci metteva niente a tagliare manualmente le ultime righe (meno importanti). Con l'avvento dei computer - e con Internet - i giornalisti hanno acquisito la capacità di caricare da sé gli articoli sulla pagina elettronica del giornale. Oggi, se il pezzo è troppo lungo, il computer ti avverte e ti dici di quante parole sfori. Il giornalista stesso, non il tipografo, può apportare i cambiamenti all'articolo, togliendo un aggettivo o eliminando una frase. Risultato: la scrittura non è più a struttura piramidale e il linguaggio è diventato più "complicato" - flowery, si dice in inglese. Io non c'avevo mai pensato. E, sinceramente, sono rimasta colpita dal fatto che la teconologia può cambiare il modo di scrivere degli uomini.
Mi chiedo... anche gli scrittori - i romanzieri - cambieranno il loro linguaggio per adattarlo all'e-book, come è successo nel giornalismo?
Vorrei postare il commento di mio papà, Giovanni Agnese, dopo aver letto la mia riflessione! Lo posto soprattutto per l'ultima frase :
RispondiElimina"L’unica cosa che potrebbe essere a favore dell’e-book è che, forse, in futuro potrà sostituire tutti i giochetti sul telefonino con cui la gente passa il tempo.
E,poi, in teoria la scienza è neutrale. Dipende dall’uso che se ne fa."