mercoledì 22 dicembre 2010

Mentre noi protestavamo

Giornata particolare, emozionante. Sicuramente estenuante. Una marcia iniziata in sordina, in ritardo. Partenza ore undici, poche centinaia di studenti aspettano dalle nove e mezza sotto una pioggia sottile e fastidiosa. Sono lì, aspetto con gli altri. Il corteo parte, risale Viale delle Scienze, gira a destra in Viale dell'Università, ancora a destra in Via Regina Margherita. Poliziotti? Non ce ne sono, non ce n'è bisogno.
Si arriva in Piazzale del Verano correndo, siamo migliaia. I tamburi guidano i nostri passi, la chitarra le nostre menti, gli slogan sciolgono le nostre gole. Un ragazzo canta e suona La canzone del Maggio. Ci facciamo l'occhiolino, cerchiamo di seguirne le note nel frastuono. Camminiamo, si chiacchiera degli esami, degli esoneri passati, di politica, di Cetto La Qualunque. Sembra la gita di fine anno, siamo tutti vicini, ormai tantissimi, trascinati festosamente per San Lorenzo fino a Porta Maggiore, sotto la Tangenziale attraverso la Prenestina. Ma dove stiamo andando? Vaghiamo a vuoto! Almeno crediamo. Donne, anziani, famiglie, persone, si affacciano dalle finestre e ci guardano curiosi, tutti ci applaudono. Noi rimandiamo il saluto con un boato felice. Ma Carlo dov'è? Lo chiamo non mi risponde, mi chiama ed è cento metri dietro di me. Poliziotti? Non ce ne sono, non ce n'è bisogno.
I lavoratori si affacciano dagli uffici, come prima medici ed infermieri dal Policlinico. Spingono i nostri passi, ci abbracciano dolcemente con i loro sorrisi. Leggo speranza. Fabio, andiamo che ti faccio vedere la Snia. Vedo Diallo, riconosco Veronica che fa le foto. Ci allontaniamo pochi metri, torniamo indietro e la rampa per la Tangenziale è già piena. Dovevamo tornare a casa, dovevamo lavorare ad un articolo. Dovevamo.
Abbiamo camminato sulla Tangenziale. Daniele, Federico, Perla, Licia mi indicano un palazzo giallo in lontananza. Vedi? Vedi Laggiù? Ero senza occhiali. Vedi laggiù? Siamo noi! Siamo noi! Arriviamo fino a là! Siamo diventati un'onda, una marea, ma i poliziotti erano lontanissimi, chissà dove. Non ne ho visto uno fino alla fine della manifestazione, non mi era mai successo prima. Mi sono sentito più tranquillo, ho pensato che magari anche loro erano a manifestare con noi, come il tredici dicembre sotto la Camera.
Arriviamo al bivio per l'A24. Le macchine sono bloccate, chissà da quanto. Un uomo esce dalla sua vettura e si siede sul cofano. Dalla bretella, gli autisti ci salutano con il clacson e con la mano.


Abbiamo costretto tante persone in macchina per ore, hanno ritardato appuntamenti, hanno spento i loro motori. Ma ci hanno accolti come li stessimo liberando, come li stessimo svegliando. Io non sono facile all'ottimismo, io non credo nella speranza, ma per un attimo ne ho avuta.
Schegge impazzite in una città stanca e caotica, anche gli automobilisti ci hanno offerto il loro appoggio. Incredibile.

Ma tanto per non farsi mancare nulla, io e Fabio torniamo all'università, a studiare. Incontro Giulio: è morto un operaio, a Scienze Politiche. Mentre noi protestavamo per la nostra università, per una riforma che riteniamo dannosa, nella nostra università moriva un ragazzo. Moriva nella mia Facoltà, moriva oltre il muro delle nostre aule. Moriva accanto a noi. Non mi sono perdonato quell'attimo di ottimismo, lassù sulla Tangenziale tantissimo tempo prima, tanto tempo che sembrava un altro giorno, tanto tempo che ero un'altra persona.


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