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giovedì 12 gennaio 2012

Uno, due.

Uno. La Consulta boccia i due quesiti proposti dai comitati referendari sulla legge elettorale. Le firme raccolte, un milione e duecentomila (tra le quali la mia), sostenevano l'abrogazione totale (quesito 1) o parziale (quesito 2) dell'attuale legge elettorale (quella Calderoli, da lui stesso definita "una porcata"). La Costituzione prevede che siano sufficienti cinquecentomila firme per proporre (proporre) i quesiti referendari alla Corte Costituzionale, che ha la facoltà di giudicare sull'ammissibilità dei quesiti proposti (proposti) dal comitato. Non vi annoio con leggi e sentenze precedenti. Il punto è uno: sta alla Corte giudicare sull'ammissibilità dei quesiti (che devono avere le caratteristiche di chiarezza, univocità ed omogeneità). Per quanto riguarda i quesiti referendari su leggi elettorali, essi non possono riguardare la legge elettorale nella sua interezza (come faceva il quesito 1), ma solo parti di essa (come il quesito 2), affinché la parte residua di quella legge possa comunque garantire la propria operatività nell'eventualità di immediate elezioni. La repubblica democratica non può permettere un vuoto legislativo nella materia elettorale. Il punto è: il secondo quesito proposto (proposto) in questi giorni risponde a questi requisiti? Garantisce l'immediata applicabilità della normativa residua?


Ecco, no. Lo ha deciso la Corte Costituzionale, nell'ambito dei propri poteri. Punto. Possiamo non essere d'accordo, e lamentarci per una legge elettorale penosa, come io credo sia quella vigente. Ma gridare al golpe e al sovvertimento dell'ordine democratico è in primo luogo patetico, in secondo fuorviante, in terzo rappresenta uno schiaffo a mano piena all'ordine democratico. Perché è la Consulta a decidere sull'ammissibilità dei quesiti referendari, non è il popolo (così demagogicamente tirato in ballo). E la Consulta ha detto che non sono ammissibili. Punto. Era Berlusconi più di un anno fa a vomitare parole d'odio contro la Corte (che gli aveva bocciato il lodo Alfano, rendendolo "incostituzionale"), non facciamo l'errore di comportarci in maniera analoga a quella di un uomo che non ha il minimo rispetto per le istituzioni.


Due. La Camera boccia, per la seconda volta, la richiesta d'arresto nei confronti di Nicola Cosentino, avanzata dai giudici nell'ambito di un'inchiesta della dda di Napoli sulla camorra. Una parte dei trecentonove deputati che hanno negato la custodia cautelare si è fatta scudo con il voto segreto voluto dal PdL e ha votato in difformità con l'indicazione del proprio gruppo parlamentare. Tra questi non ci sono i sei deputati radicali eletti nelle liste del partito democratico, che hanno annunciato fin da subito l'intenzione di votare no all'arresto, in rispetto del principio garantista del quale si fanno baluardi. Ecco, no. Da quando garantismo è sinonimo di impunità? Da quando garantismo è sinonimo di ostacolo alla giustizia? Questo appropriarsi di parole nobili per coprire le proprie azioni e le proprie responsabilità, spacciando quest'ennesimo abuso come coraggioso atto di libertà, è disgustoso.


I trecentonove che anche oggi hanno svilito le istituzioni del nostro Stato, hanno voluto semplicemente dirci una cosa. Siamo qua non perché ci avete votato voi, ma perché l'ha deciso la segreteria del mio partito. Sono là senza il nostro mandato, ed è per questo che abbiamo bisogno di una nuova legge elettorale. E non l'avremo con un referendum.

venerdì 25 novembre 2011

Con la pistola puntata.

E va bene. Ora abbiamo un governo tecnico. Lo chiamano così perché l’esecutivo non è formato da “politici di professione” (a me fa sempre ridere questa espressione; che fai nella vita? Il politico. Sì, ma come campi? Beh giro, vedo gente, faccio cose). Che poi uno dice “è tecnico”, quindi è inutile starci troppo a riflettere: lo sapranno loro quello che fanno, no? Sono tecnici! Vabbè, mi chiedo, ma concretamente che vuol dire? L’italiano medio, che poi è il novanta per cento della popolazione, ha capito cosa è successo?

Io la vedo così: il nostro stato è pesantemente indebitato con la finanza mondiale. Per pagare gli interessi sul debito, ci siamo indebitati e ci stiamo indebitando ancora di più, chiedendo altri soldi in prestito ad interessi più elevati. Nell’anno del signore duemilaundici, nel mese di novembre, i creditori si sono stufati. Il governo paralizzato dagli scandali sessuali e giudiziari praticamente da quando si è insediato era totalmente incapace di fornire garanzie sufficienti ai nostri creditori. L’Italia è stata colpita da un attacco speculativo che ha costretto il presidente del consiglio alle dimissioni, seppur ancora dopo strenui tentennamenti (ma possibile che all’età sua abbia ancora questa fame di potere?).

Saremmo potuti andare alle elezioni, certo. Sarebbe stata una scelta ineccepibilmente democratica. Che avrebbe però lasciato l’Italia senza un governo fino a metà febbraio, inizio marzo. Nella bufera economica, finanziaria e istituzionale in cui ci troviamo, sarebbe stato un suicidio, con un esecutivo sfiduciato che avrebbe terrorizzato gli investitori stranieri e tutta l’Europa politica. Il capo dello stato ha perciò avviato le consultazioni, che hanno dato esito positivo intorno alla figura di Mario Monti: i capigruppo dei partiti che costituiscono la maggioranza in entrambe le camere del parlamento hanno accettato di conferirgli l’incarico di governo. Monti ha presentato la lista dei componenti l’esecutivo (i vari ministri) e ha chiesto la fiducia alle camere, che gliel’hanno data. C’è un complotto massonico bancario dietro questo processo? Non credo.

C’è un paese, l’Italia, che è praticamente insolvente davanti ai sui creditori. E i suoi creditori sono altri stati e agenti finanziari in grado di comprarsi altri stati. Un uomo che non ha mai smesso di aggiornare di volgarità il suo campionario di battute, ma non è stato in grado di fronteggiare la crisi quando infine, tardivamente, si è deciso ad ammetterla, ha consegnato l’Italia alla volubilità e alla pericolosità dei mercati. Per quanto non mi convinca pienamente la situazione attuale, poco trasparente, questa era l’unica soluzione possibile per evitare il fallimento dello stato italiano: un uomo, Monti, conosciuto in Europa perché vi ha lavorato, vicinissimo all’alta finanza ma di alto spessore.

Non è una risposta democratica, è una risposta d’emergenza. Un’emergenza cui ci ha spinto anche l’inerzia di Napolitano, che appena un anno fa diede a Berlusconi i giorni sufficienti per inaugurare in parlamento il mercato delle vacche del quale siamo stati tristi spettatori. Ora il capo dello stato si è dimostrato capace di una vitalità istituzionale del quale lo ritenevo sprovvisto. Meglio tardi che mai.

mercoledì 9 novembre 2011

#568

Scrivo in queste ore concitate, poche parole perché non sono un economista né un'analista poitico. Sono un cittadino. L'Italia sta accelerando la sua caduta proprio in questi minuti, mentre è in atto il tiro incrociato sui mercati finanziari. La crisi economica ci ha infettato come un virus, silenzioso e implacabile, che ha avuto la possibilità di diffondersi a causa dell'inerzia del governo Berlusconi che si protrae da tre anni. Non smetterò mai di ripeterlo.


E' stata eletta la coalizione di destra nel maggio 2008 con la più larga maggioranza della storia repubblicana. Il 37% dell'80% della popolazione, ossia 13milioni e 600mila italiani hanno dato il loro voto al PdL, ritenendo che Berlusconi fosse l'uomo giusto per guidare il paese. Pochi mesi dopo, siamo stati travolti dalla crisi economica. Che il governo, per oltre un anno, ha ignorato nelle parole e nei fatti. Vi ricordate le contromisure? La social card ( 40 €/m di spesa, quando funzionava). I tornelli. L'abolizione dell'ICI ma anche il federalismo. La più grande maggioranza della storia repubblicana ha tirato a campare con lodialfano e leggibavaglio, processibrevi e diddielleintercettazioni. Il parlamento è diventato cloaca della giustizia privata di Berlusconi, il paese è tornato ostaggio di un ometto che è entrato in politica per non finire in carcere e non far fallire le sue aziende.


Eccoci oggi. Mentre vi scrivo, lo spread fra Btp e Bund a 10 anni è salito oltre i 560 punti, mentre la BCE sta intervenendo massicciamente per frenare questo vertiginoso aumento. Il forte attacco speculativo e la totale mancanza di fiducia dei mercati sono l'effetto della situazione politica. L'Italia non ha un governo, non ha alcuna credibilità davanti alla finanza europea e mondiale, nè davanti alle istituzioni politiche.


E noi. Noi abbiamo lasciato che questa situazione surreale divenisse la nostra normalità. Io non so cosa passa per la testa di uno che ha votato Berlusconi, la sua biografia lo rende ineleggibile in qualsiasi democrazia evoluta. So cosa passa per la mia di testa. Vedo un anziano attaccato al potere, che prima di mollare tutto rincorre le galline e i polli come il Mazzarò di Verga. Tanto basta per capire che il suo unico interesse è il proprio interesse, che in nessun modo coincide e in nessun momento coinciderà con il nostro. Fatevene una ragione. Ricominiciamo, se siamo in tempo.




venerdì 28 ottobre 2011

Quando arriva la primavera?

Tunisia, fine ottobre 2011. A La Goulette, una cittadina che affaccia sul mediterraneo, è successo qualcosa di grave. Nella caoticità giornaliera delle strade principali si scorgono visi preoccupati, distorti dalla preoccupazione, dalla paura persino. Una donna si porta la mano alla bocca, il viso irrigidito da una smorfia. Un anziano si ferma e scatta una foto, intorno la situazione inizia a scaldarsi. Un automobilista si sporge dal finestrino, alza gli occhi verso le antiche mura e impreca nella sua lingua. Un bambino è sul punto di piangere mentre un gruppo di uomini inizia a gridare e avvicinarsi alle mura con fare minaccioso. La situazione sembra precipitare. Cosa li scandalizza? Cos'è che ha portato sgomento in questa tranquilla cittadina costiera?
Sulle antiche mura, mano ignota ha steso un gigantesco telo con l'effige di Ben Ali, l'ex presidente cacciato meno di un anno fa dal suo popolo soffocato dalla fame di pane e di libertà.
Alla vigilia delle prime elezioni libere per eleggere l'assemblea costituente, la faccia gigantesca di Ben Ali torna a campeggiare a La Goulette. Ecco perché la comunità piomba nel panico e nella rabbia disperata.
Il gruppo di uomini minacciosi si porta a ridosso delle mura e tira giù il telo con violenza. Appare una grande scritta, che in arabo recita:"Attenzione, la dittatura può tornare. Il 23 ottobre VOTATE".




Le immagini mi hanno commosso. Penso ad un Paese, il mio, che vive sotto un telo altrettanto ingombrante ed opprimente. Il telo è macchiato dal sangue delle stragi, appesantito da corruzione, egoismo ed interessi di parte. Sotto il telo l'aria è irrespirabile, il fetore soffocante. Il telo nasconde la propria natura fraudolenta solo a chi non vuole guardare. Non basta un gruppo di uomini volenterosi a buttarlo giù. Sarebbe necessario fosse un intero popolo a disfarsene. Ma troppi sono quelli che trovano riparo sotto il telo, troppi si lasciano avvolgere dal tiepido olezzo turandosi il naso.
Io non so quale sia il grado di umiliazione che un uomo può tollerare prima di trasformarsi in bestia. Ho fiducia però, perché so che lo scoprirò presto, lo scopriremo insieme se non ci disferemo immediatamente di questo maledetto telo.

martedì 11 ottobre 2011

Il cerchio e il triangolo

1)  Il presidente del consiglio nomina il ministro della giustizia, che invia gli ispettori nelle procure di Bari e Napoli che stanno indagando sul presidente del consiglio, che ha nominato il guardasigilli che ha spedito gli ispettori ministeriali nelle procure di Bari e Napoli che stanno indagando sul presidente del consiglio, che ha scelto Nitto Palma come ministro della giustizia affinché inviasse gli ispettori nelle procure che stanno indagando su di lui.
Questo è il cerchio, e sarà anche una figura geometrica perfetta, ma a me fa schifo.




2) il presidente
del consiglio
                 nomina ------------>

il ministro della 
giustizia 
che invia
 <--------------gli ispettori

nelle procure che 
stanno indagando
 sul presidente 
del consiglio

Questo è il triangolo, nella sua più comune forma "a conflitto d'interesse". Questo tipo di triangolo si iscrive perfettamente nel cerchio di cui sopra.


lunedì 25 luglio 2011

Abbasso le Poste Italiane

Manca poco alla mia partenza per New York, ma prima di prendere l'aereo che, ancora una volta, mi porterà all'estero, devo togliermi un sassolino dalla scarpa. Sono mesi - non scherzo - che voglio scrivere questo articolo. Ma non l'ho mai fatto per la paura di non riuscire ad esprimere in modo distaccato la rabbia che provo. Un articolo non viene bene se ci sono sentimenti troppo forti di mezzo. Io la rabbia ancora non l'ho smaltita a sufficienza. Forse non
la smaltirò mai perché il soggetto di cui voglio parlare in questo articolo - le Poste Italiane - continuano a farmene ogni giorno. Non mi risparmiano. E so di non essere l'unica.
Le Poste sono un nemico comune. Non c'è cittadino italiano che non abbia una storia sgradevole da raccontare a riguardo: un pacco mai recapitato, merce rubata, ore di fila agli sportelli, ostacoli burocratici che non stanno né in cielo né in terra, servizio scadente, eccetera eccetera.
La mia rabbia è nata nel 2006, quando sono partita per il Kansas. Un regalo spedito da Ashland per il compleanno di mia sorella Francesca non è
mai arrivato a Roma. Niente di prezioso: un paio di calzini spugnosi antiscivolo e un bigliettino. Di lì la situazione è degenerata: lettere recapitate con ritardi mostruosi, pacchi spariti e - all'apice del disastro - l'ultimo pacco che ho spedito dal Kansas con vari vestiti, libri, oggetti poco prima del mio ritorno nel Bel Paese è arrivato aperto. Hanno avuto il coraggio di rubarmi (o perdermi - fa lo stesso visto che non ce l'ho più) il Purgatorio di Dante Alighieri. Ogni tanto, ancora mi ricordo di oggetti o vestiti che avevo comprato in America e che non so che fine abbiano fatto. Sono sicura che gli oggetti mancanti - neanche fosse una partita di Cluedo - si trovassero nel famigerato pacco.
Come sapete, nel mio anno all'estero ho fatto tante amicizie internazionali. E io e le mie amiche siamo all'antica: ci piace ancora scrivere e ricevere lettere, cartoline, regali per posta a Natale e per i nostri rispettivi compleanni. Una disgrazia: per me e per loro. Di nuovo, pacchi spariti nel nulla e ritardi vergognosi (in media, in Italia, ci mettiamo una o due settimane in più rispetto alla Germania a ricevere i pacchi dalla Svezia).
Ma uno dei fatti più eclatanti e vergognosi mi è successo nel dicembre 2008. Come regalo di Natale, avevo preparato due collanine per Freia, la mia amica tedesca, e Linnea, svedese. Questa volti i pacchi sono arrivati a destinazione: vuoti.
Entrambe le mie amiche hanno ricevuto la busta gialla contenente solo un bigliettino natalizio in cui scrivevo: "spero il regalo ti piaccia, l'ho fatto con le mie mani." Delle collanine, del valore totale di €5 l'una, neanche l'ombra. Mi spiego quale sia stato l'uso che ne ha fatto il postino italiano che se le è fregate.
Arrabbiata per l'accaduto ("arrabbiata" è un eufemismo), ho scritto un articolo intitolato L'Oltraggio Postale in cui denunciavo il furto. L'ho inviato alla rivista Internazionale: niente da fare, loro pubblicano solo articoli stranieri tradotti. L'ho inviato al Sole 24 Ore: l'articolo non poteva essere pubblicato perché parlava male delle Poste Italiane e il Sole, come tutti gli altri quotidiani, dipende dalle Poste per la consegna delle copie in abbonamento. Insomma, mai andare contro gli "amici", anche quando fanno porcate. Ogni tanto, quando si dice che la politica italiana è lo specchio del nostro Paese, mi chiedo se sia vero o no.
Se ne avete abbastanza di questa lamentela, mi dispiace per voi, ma la lista degli oltraggi subiti non finisce qui. Nel marzo 2010 il mio ragazzo Massimo è andato a Madrid con degli amici. Dall'Italia (visto che non ha avuto tempo in Spagna), mi ha inviato una cartolina piena di dolci parole. Il postino si è permesso di scrivere - cito - "PS CAZZARO!!!" e di disegnare delle corna.
A testimonianza, pubblico qui sotto la fotocopia della cartolina.


A giugno, come ben sapete, le Poste Italiane si sono bloccate per ben dieci giorni per un problema ai computer. Pensioni non pagate, file chilometriche, bollette che scadevano, ore e ore perse. Alcune anche delle mie. Sono stata un'ora alle Poste per inviare un pacco per il compleanno di Freia. Dopo 60 minuti che aspettavo - con il numeretto dell'attesa in irritante staticità - me ne sono andata. Tre giorni dopo, ho cambiato Stato e ho inviato il pacco dalle Poste Vaticane. Se vi sembra una soluzione normale...
L'ultima cosa che mi è successa è addirittura ridicola, sembra una presa in giro. Ho mandato delle lettere ai direttori dei più importanti quotidiani italiani per chiedere sponsorizzazioni durante il Master in giornalismo alla Columbia. A parte il costo (€5 per lettera inviata come raccomandata con ricevuta di ritorno), la lettera inviata al direttore di Repubblica Ezio Mauro mi è ritornata indietro con queste parole annotate dal postino: SCONOSCIUTO DICHIARA PORTIERE. Fatevi quattro risate. Ecco la fotocopia della lettera:


A voi sembra mai possibile che il servizio postale di un Paese europeo funzioni in questo modo nel XXI secolo? Va bene che l'Italia è un'eccezione, ma perché sempre un'eccezione negativa? Invito tutti i lettori a condividere con noi i danni subiti dalle Poste Italiane. Raccontate le vostre esperienze. DENUNCIATE. E fatelo qui, visto che sui nostri quotidiani non si può.
Io, intanto, aspetto ancora il pacco che mi ha inviato il 7 luglio la mia mamma americana dal Kansas per il mio compleanno. Arriverà mai?

venerdì 25 febbraio 2011

La Cina finanzia l’alternativa al canale di Panama

Pubblico il mio primo articolo pubblicato su Limes, rivista italiana di geopolitica. Non perché abbia nulla a che fare con quello che solitamente scriviamo sul blog io e Massimo, ma perché mi è costato lavoro, tempo, la mia lezione di francese del lunedì pomeriggio e un mal di testa sconfitto con un moment act!
Cliccate qui per leggere l'articolo sul sito originale di Limes e per lasciare eventuali commenti... così mi fate fare bella figura!

BUONA LETTURA!


In un’intervista
al Financial Times, il presidente della Colombia Juan Manuel Santos ha confermato la veridicità di un progetto di cui si parlava da tempo.

La costruzione in suolo colombiano di una linea ferroviaria che collegherebbe la costa pacifica e quella atlantica, aggirando il famoso canale di Panama. La proposta, definita «reale» e «in uno stato abbastanza avanzato» da Santos, è di matrice cinese.

Il progetto di
Pechino, stimato intorno ai 7,6 miliardi di dollari, prevede la costruzione del cosiddetto «dry canal», una linea ferroviaria lunga 212 chilometri che collegherebbe il Pacifico a una città ancora tutta da costruire a sud di Cartagena, sull’Atlantico.


Il nuovo centro
servirebbe alla potenza asiatica per assemblare i prodotti made in China da esportare in tutta l’America. Il «canale asciutto» aggirerebbe, in questo modo, l’ormai vetusto canale di Panama.


Concluso nel 1914
dagli Stati Uniti, lo storico canale è infatti ora coinvolto in massicci lavori di ampliamento per permettere il passaggio di mercantili di dimensioni sempre più grandi.


I lavori appena
iniziati, anche quelli finanziat
i in gran parte dai capitali cinesi, termineranno entro il 2014 e permetteranno il passaggio di 18-20mila navi l’anno, contro le 14-15mila attuali.

La nuova opera
ferroviaria permetterebbe a Pechino, divenuto il secondo partner commerciale della Colombia dopo gli Stati Uniti, di aprirsi uno sbocco sull’Atlantico e di incrementare i rapporti commerciali colombiani con l’Asia.


Come ricorda
il Financial Times, i commerci bilaterali sino-colombiani sono passati dai 10 milioni di dollari nel 1980 agli oltre 5 miliardi nel 2010. È quindi logico che Pechino cerchi di rafforzare la propria posizione nel continente sudamericano.


L’«invasione» cinese,
come la definisce Federico Rampini, è un’occasione per la Cina di ricordare agli Stati Uniti, che in America latina sono sempre stati i favorit
i, chi ha il coltello dalla parte del manico.

La linea ferroviaria
non rappresenterebbe solo una corsia preferenziale per importare nel subcontinente i prodotti cinesi, ma servirebbe anche per esportare nella potenza asiatica il carbone colombiano.


Da parte sua,
il presidente Santos si è detto «molto interessato» a migliorare le infrastrutture del paese e nel promuovere accordi di libero scambio co
n l’Asia, in quanto «nuovo motore della crescita dell’economia mondiale».

La conferma ufficiale
del progetto non può che servire da monito a Washington. L’accordo di libero scambio fra la Colombia e gli Stati Uniti, firmato nel novembre del 2006 sotto la presidenza Bush, prevede l'eliminazione di dazi e di altre barriere non tariffarie. Ma non è ancora stato ratificato dal Congresso Usa.


Che il progetto
del «canale asciutto» annunciato da Santos
sia solo una strategia per fare pressioni sull’amministrazione Obama? Il presidente colombiano raggira la domanda posta dal Financial Times e cita altri accordi commerciali con il Venezuela, l’Ecuador e il Messico.

L’ambasciatore cinese
in Colombia, Gao Zhengyue, ha dichiarato apertamente che il paese sudamericano ha «una posizione strategica molto importante», da utilizzare come punto d’accesso a tutta l’American Latina.


Se l’alternativa
allo storico canale di Panama sarà realizzata grazie ai fondi forniti dalla Chinese development bank, gli Stati Uniti si vedranno sottrarre un'ulteriore fetta di influenza in un'area in cui la facevano da padroni dal Diciannovesimo secolo.


Forse Obama,
che nel suo discorso sullo stato dell’Unione di gennaio ha dichiarato di voler visitare Brasile, Cile e El Salvador «per forgiare nuove alleanze nelle Americhe», deciderà di recarsi anche a Bogotà, per dimostrare di non essersi dimenticato del suo storico alleato.

(24/02/2011)

















(La linea nera indica quello che secondo il Financial Times dovrebbe essere il percorso della nuova tratta ferroviaria, il «dry canal». Lunghezza 212 km. Le attuali infrastrutture ferroviarie che collegano il Pacifico al mar dei Caraibi, passando per Bogotà e terminando vicino a Cartagena (cerchio rosso), non sono agibili. Il progetto prevede la costruzione di una nuova città-terminal, centro di assemblaggio delle merci cinesi, e l'ampliamento del porto della città di Buenaventura (cerchio viola). Il cerchio blu indica la posizione dello storico canale di Panama.)

martedì 22 febbraio 2011

Se non ora quando?

E sì! Anche io e Massimo siamo andati alla manifestazione in difesa della dignità delle donne del 13 febbraio. O meglio, abbiamo provato ad andarci! Piazza del Popolo era stracolma di persone, di tutti i sessi e di tutte le età. Abbiamo aggirato la piazza e cercato di intrufolarci da Via Ferninando di Savoia. Siamo strisciati fra la folla, camminando a ritmo pacato, ascoltando gli interventi da un palco che non potevamo vedere, e ci siamo dileguati da Via di Ripetta. Il tempo di ascoltare Lunetta Savino recitare uno dei monologhi della vagina e ridere insieme a tanta altra gente.
Prima di andare alla manifestazione, mi sono vista con due mie amiche, a cui ho detto che andavo a manifestare anche per loro. Per tutte le donne che non sono venute. Anche per quelle che non volevano venire. Sono stata felice di esserci, anche se probabilmente non sarà servito a molto. Sapere che anche a Parigi, Barcellona e in tutta Europa, altre donne manifestavano con noi mi ha fatto venire i brividi. Come sempre. Continuiamo a lottare per i nostri diritti, per essere pagate quanto gli uomini per il lavoro che facciamo come gli uomini, per essere rispettate e non prostituite. Per far capire a Berlusconi, che ci vorrebbe tutte come Ruby o la Carfagna, che noi non ci stiamo.
Per vedere le foto della manifestazione, clicca qui.

lunedì 22 novembre 2010

Vieni via con me

La querelle sul programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano, seguita al monologo di lunedì scorso dello scrittore,la conosciamo tutti (altrimenti, http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/11/22/ricapitolando-lunedi-saviano-sfonda-una-porta/78070/ ; http://www.corriere.it/politica/10_novembre_17/maroni-saviano-vieni-via-con-me-lega_3c0900b4-f250-11df-a59d-00144f02aabc.shtml ; et similia). Il nostro ministro degli Interni è intervenuto su tutto l'intervenibile mediatico, tenendoci ostaggio della sua propaganda (quella sì, politica): Radio Padania, Matrix, Porta a Porta, L'ultima parola, In Mezz'ora.
Poi si impone anche su Ruffini, direttore di Rai3, e ottiene i suoi tre minuti di replica a Vieni via con me. Leggerà l'elenco dei successi del governo nell'azione di contrasto alle mafie.
Polemica sterile e pretestuosa, a mio avviso. Che l'infiltrazione mafiosa nella politica e nell'economia locale al Nord sia in aumento non è un'opinione, è cronaca giudiziaria (vedi rapporto DIA, primo semestre 2010); che la Lega Nord governi da quindici anni in quelle stesse amministrazioni locali, è storia. Affermare che queste organizzazioni criminali possano aver intessuto rapporti con la Lega Nord per garantire i propri interessi, è frutto di quel processo logico che è la proprietà transitiva. Il vespaio, l'ennesimo, sollevato dagli esponenti della Lega Nord è utile solo a perdere le distanze dalla cifra delle affermazioni di Saviano, e il fine di tale bagarre è proprio questo. Ancora una volta, ai fatti si contrappongono le grida, affinché il dibattito scaturito dalla constatazione di uno stato di cose possa essere derubricato a polemica politica.

Mi viene però da fare un'altra riflessione. I mezzi d'informazione che supportano le tesi governative sono imponenti e pervasivi, e svolgono il loro compito in maniera efficace e tambureggiante. Eppure.
Eppure tre minuti a "Vieni via con me" diventano vitali, irrinunciabili, indispensabili. E questo accade ogni qualvolta hanno successo programmi televisivi che producono cultura, aiutando a riflettere, semplicemente uscendo dalla mediocrità e banalità degli altri format. È successo con Satyricon, L'Ottavo Nano, (ogni giovedì sera con) Annozero, RaiOt, addirittura Parla con Me e Che tempo che fa, poi Report, e altri ancora, fino a Vieni via con me. Il guaio non sono questi programmi, ma il loro pubblico, troppo numeroso per esser tollerato. E allora anche quello spazio va invaso, per raggiungere quella parte di spettatori che davanti ad una scelta vera, premia Fazio e Saviano preferendoli al Grande Fratello e a Montalbano. Tre minuti a Vieni via con me per raggiungere una fetta enorme di elettori, e rintronarli con il solito messaggio assordante diffuso dai soliti personaggi. Ma se quei programmi hanno successo, è proprio perché loro non ci sono.
Perché vengono dimezzate le puntate di una trasmissione che registra nove milioni di spettatori, conseguendo il record di rete?
Perché non posso guardare la televisione senza essere continuamente vittima di spot elettorali? Perché non dovrei esigere che il servizio pubblico si limitasse ad essere tale? Perché non siamo noi a decidere?
Perché no?