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lunedì 11 luglio 2011

Intervista a Rebecca Spitzmiller: riprendiamoci Roma!

di Alessandra Potenza

Negli anni 80, i criminologi George Kelling e James Wilson parlarono della teoria della finestra rotta. Il concetto era semplice: la presenza di finestre rotte in un palazzo vuoto genera altri atti di vandalismo. In breve, il degrado dell'ambiente non stimola la gente a rispettare quell'ambiente. Se quindi un uomo è abituato a vedere spazzatura, cicche e pezzi di carta sul marciapiede, avrà meno ripensamenti a gettare a terra il proprio mozzicone di sigaretta qualora non trovi un secchio a portata di mano. E così, ripulire dalle scritte la metropolitana di New York negli anni 80 e 90 ha portato a una diminuzione del vandalismo e della criminalità "minore".


A Roma, il problema della sporcizia e del degrado non è di secondaria importanza. Appena ci si allontana un po' dal centro - ma neanche troppo - cartacce, mozziconi di sigaretta, foglie secche, cacche di cane, bottiglie e pagine di giornale inondano i marciapiedi. I commercianti non hanno neanche l'interesse di pulirsi gli usci dei negozi e cancellare le scritte sui muri fra una vetrina e l'altra.
Ma se il Comune di Roma non ci pensa, dobbiamo farlo noi cittadini. Se l'Ama non passa un giorno sì e uno no a pulire le nostre strade e i muri dei nostri palazzi, dobbiamo rimboccarci le maniche e farlo noi. Del resto, non siamo stanchi di meravigliarci ogni volta della pulizia delle capitali europee?
La ribellione alle tag e al vandalismo è già cominciata per le strade della Capitale. Retake Roma, infatti, è un movimento che da un anno e mezzo promuove la pulizia della città, coinvolgendo in particolar modo i giovani. Fondato nel gennaio 2010 dalla Fondazione Garibaldi, Retake Roma incoraggia la cittadinanza attiva e l'amore per la propria città. Armati di spazzole, vernici, pennelli e pettorine, i retakers hanno già pulito diverse strade della capitale. Tutti possiamo - e dobbiamo - dare una mano. Come? Iniziate ascoltando il file audio che trovate qui sotto. Al mio microfono, una delle fondatrici di Retake Rome, Rebecca Spitzmiller, spiega di cosa si tratta il movimento e perché è necessario partecipare.


lunedì 28 febbraio 2011

Clima in comune 2011

da www.labsus.org  | Massimo Ferraro

Legambiente ha presentato il 18 febbraio scorso, in occasione dell’iniziativa “M’illumino di meno 2011”, il rapporto Clima in comune 2011, una fotografia delle “buone pratiche in campo energetico attuate dalle amministrazioni comunali”. Lo studio è stato presentato a Genova, la prima città insieme a Torino, Avigliana e Maranello, a vedersi approvato il Piano di Azione per l’Energia Sostenibile dalla Commissione Europea. Il rapporto di Legambiente intende monitorare successi e insuccessi dell’iniziativa europea, fotografando la situazione italiana.

Il 29 gennaio 2008, in occasione della seconda edizione della Settimana europea dell’energia rinnovabile, la Commissione ha lanciato il “Patto dei sindaci” (Covenant of mayors), un’iniziativa che impegna i sindaci dei comuni aderenti, su base volontaria, ad adottare misure efficaci nella lotta alle emissioni dei gas serra (-20%), all’aumento del ricorso ad energie rinnovabili (+20%), a migliorare l’efficienza energetica (+20%). Rispetto alle precedenti iniziative, quest’ultima può giovarsi degli effetti della crisi, che hanno indotto gli amministratori locali (più di quelli nazionali) a ripensare i propri investimenti, a riconsiderare i benefici della raccolta differenziata e del riciclo, senza poter prescindere dalla partecipazione dei cittadini e dell’associazionismo civico. Tra le altre cose, la Covenant impegna i sindaci firmatari a:
  • superare gli obiettivi fissati dall’Ue per il 2020, riducendo le emissioni di CO2 di oltre il 20%;
  • predisporre un Piano di Azione per l’Energia Sostenibile (PAES) che indichi le misure tese a raggiungere gli obiettivi;
  • ratificare il PAES entro un anno dalla firma del Patto, con una delibera del consiglio comunale, che poi deve essere vagliato dai tecnici della Commissione;
  • mobilitare e coinvolgere la società civile, organizzare eventi a tema e dotarsi di adeguate risorse umane per i fini del PAES;
  • presentare un Rapporto biennale sull’attuazione del Piano;
  • accettare l’eventuale esclusione dal Patto (per mancata presentazione del PAES, mancato raggiungimento degli obiettivi, mancata presentazione del Rapporto biennale per due periodi consecutivi).
Il rapporto di Legambiente (in allegato qui accanto) intende monitorare successi e insuccessi dell’iniziativa europea, fotografando la situazione italiana per individuare lacune, opportunità, priorità delle amministrazioni che partecipano.

La situazione italiana

Al progetto hanno aderito circa 2100 comuni in tutta Europa, oltre 600 in Italia. Per quanto riguarda quelli italiani però, all’iniziale adesione non è seguita la delibera comunale, causando l’espulsione di ben 160 comuni dal Patto, tra i quali illustre capofila è Milano, tra i primi firmatari nel gennaio del 2008. Dei 597 comuni con adesione in regola, circa la metà sono in ritardo con la presentazione del PAES. Tra questi Roma, che ha un ritardo superiore ai sei mesi e rischia un richiamo, come altri 24 comuni per i quali la Commissione ha deciso la sospensione temporanea. Un’altra anomalia tutta italiana sta nelle risorse e nel coordinamento, affidati al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare nell’ambito della Campagna SEE, già scarsamente dotata di personale e fondi. Nonostante quindi a livello nazionale non vi sia ancora una strategia unitaria ed efficace per l’ambiente e l’ecosostenibilità, molti sindaci hanno compreso le potenzialità della green economy, in termini occupazionali, finanziari, e perché no, anche di salute. Ecco quindi che i Piani, adottati dal consiglio comunale e approvati dalla Commissione, di Genova, Torino, Avigliana (Torino), Maranello (Modena), sono il primo passo delle amministrazioni locali verso una nuova politica energetica che parta dal basso.

I quattro PAES hanno in comune misure d’intervento sugli edifici e sui trasporti pubblici, sulla flotta di veicoli comunali e sull’illuminazione stradale, così che le strutture e i servizi pubblici siano i primi a dare il buon esempio, a tracciare la strada che dovranno necessariamente percorrere anche privati e cittadini. Essenziale è infatti l’educazione e la consapevolezza degli individui, che devono essere forniti degli strumenti necessari per ripensare i propri stili di vita, non inficiandone il tenore, ma riducendo gli sprechi e valorizzando le scelte. La Covenant parla esplicitamente di “formazione di personale” che sappia educare alla cittadinanza sostenibile, al rispetto dell’ambiente, alla riduzione dell’inquinamento, anche mediante spazi di dialogo e di ascolto che valorizzino il ruolo attivo dei cittadini nella definizione delle scelte di governance. La nuova democrazia passa per il principio di sussidiarietà, con l’avvicinamento delle amministrazioni locali ai propri cittadini per rispondere tempestivamente ed in maniera adeguata e competente alle richieste, ai dubbi, alle esigenze della comunità.

lunedì 7 febbraio 2011

Cittadini attivi a Milano

Cinque quesiti referendari sull'ambiente che piacciono ai milanesi

da www.labsus.org  mercoledì 26 gennaio 2011 | Massimo Ferraro

Il 6 Novembre scorso sono state depositate le firme dei milanesi che hanno aderito alla campagna referendaria per "la qualità dell'ambiente e la mobilità sostenibile". Ne sono state raccolte più di 25000 per ogni quesito, che sono cinque in tutto, promosso dai movimenti ambientalisti, dalle associazioni cittadine e i gruppi di volontariato milanesi. La risposta dei cittadini è stata superiore alle attese, e fa ben sperare per il referendum che si svolgerà prima di metà Maggio.
I movimenti ambientalisti e di volontariato milanese hanno compreso la richiesta dei cittadini di essere coinvolti nelle scelte che li riguardano.

A Milano l’ambiente torna prepotentemente in cima all’agenda politica. Il comitato civico “Milano si muove”, insieme a numerose associazioni, movimenti e gruppi di cittadini, ha promosso cinque quesiti referendari per migliorare la qualità della vita milanese, e la scelta di non chiedere aiuto ai partiti è stata premiata con una raccolta firme strepitosa, addirittura diecimila firme in più di quelle richieste per ogni quesito. D’altronde, Milano si muove è un’associazione trasversale, che riunisce le tante anime ambientaliste della città; non ha alcuna intenzione di essere ridotta ad una etichetta partitica, poiché l’idea di base del progetto è che alcune questioni di interesse generale, come l’ambiente, non possano essere demandate ai partiti, ma necessitino la partecipazione dei cittadini alla fase decisoria, a prescindere dalle loro preferenze elettorali.
È questo il presupposto che ha permesso il coinvolgimento di numerosi movimenti civici e singoli volontari, che sono stati premiati con 125000 firme circa, più di 25000 a quesito, ben oltre le 15000 richieste (l’1,5% degli iscritti alle liste elettorali, secondo il regolamento comunale). Il comitato ha poi verificato e autenticato tutte le adesioni, che sono state depositate il 6 Novembre scorso. Entro il 15 Maggio i cittadini milanesi dovranno esprimersi sui cinque quesiti proposti dal comitato, e se almeno il 30% di loro lo farà, e prevarrà il sì, allora gli organi comunali non potranno ignorare le richieste dei milanesi, dovendo prendere in considerazione le proposte avanzate dai propri cittadini.

I 5 quesiti del referendum

Vediamo ora nello specifico quali siano i punti focali del referendum. Il primo quesito riguarda il potenziamento dei mezzi pubblici, l’estensione di ecopass (la tassa introdotta nel 2008 sui veicoli inquinanti) e la pedonalizzazione del centro, per ridurre il traffico e gli elevati livelli di smog della città, che figura tra le prime trenta città inquinate d’Europa (nella classifica, ben diciassette sono italiane). Il secondo quesito è per raddoppiare gli alberi e il verde pubblico, riducendo contemporaneamente il consumo di suolo, e per analogia il terzo quesito è a favore della conservazione del futuro parco dell’area EXPO. Il quarto impegna il comune al risparmio energetico e la riduzione dell’emissione di gas serra, mentre il quinto è una proposta per la riapertura del sistema dei navigli milanesi.
Ogni quesito è accompagnato dalla previsione di una spesa massima per il raggiungimento degli obiettivi, corredata da proposte concrete per sopperirvi, che prevedono anche sponsorizzazioni, coinvolgimento dei cittadini e la dismissione del patrimonio immobiliare comunale, che non sia di pregio storico-monumentale. La cura dei dettagli, la concretezza delle richieste e la competenza del comitato hanno conquistato i milanesi, che hanno sostenuto la campagna referendaria con contributi volontari.

I promotori

Tra i grandi promotori del referendum vi sono Marco Cappato, segretario dell’Associazione Luca Coscioni e attivista del Partito Radicale, Enrico Fedrighini, consigliere comunale di Milano eletto con i Verdi, ed Edoardo Croci, già assessore alla Mobilità, ai Trasporti e all’Ambiente di Milano. Fu lui ad introdurre l’ecopass nel 2008, scelta che gli costò la poltrona nel novembre 2009 a causa dell’impopolarità di quella tassa.Ma tra le ragioni che la giustificavano, vi era l’impegno ad utilizzare quel denaro per alleviare i cronici problemi ambientali di Milano, ed intervenire con il potenziamento dei mezzi pubblici, misure volte all’efficienza energetica e l’aumento delle aree verdi, proprio ciò che è alla base di tre dei cinque quesiti.

Il coinvolgimento della Rete

L’impegno dei promotori e degli altri volontari non si è limitato alla fase di raccolta firme, ma ha invaso anche il web, con l’apertura di un blog, di un gruppo su Facebbok e di un profilo su Twitter. Con l’aiuto della rete e dei social network infatti, le associazioni ambientaliste tentano di avvicinarsi ancora di più agli umori dei cittadini.
Il blog ha permesso di promuovere il referendum, coinvolgere gli internauti nel volontariato e richiedere fondi, mentre sulla nuova pagina Facebook, chiamata significativamente “I like Mi”, i milanesi possono scrivere ciò che funziona e ciò che vorrebbero venisse migliorato nella città. Scorrendo tra le richieste, ricorrono spesso le preoccupazioni per l’inquinamento dell’aria, soprattutto per gli effetti che ha sulla salute dei più piccoli; la ristrutturazione di scuole fatiscenti; nuove piste ciclabili, e il collegamento tra quelle già esistenti (che rientrava tra gli interventi da finanziare con i proventi dell’ecopass).
Grazie alla dinamicità della Rete e dei movimenti civici, i cittadini milanesi hanno compreso che veniva loro offerta la possibilità di intervenire direttamente nella politica di gestione della propria città, cogliendo l’occasione di manifestare apprezzamento per un’iniziativa che ha posto le loro richieste e le loro necessità al centro del dibattito pubblico per raggiungere obiettivi concreti, come il referendum popolare.