giovedì 12 gennaio 2012

Uno, due.

Uno. La Consulta boccia i due quesiti proposti dai comitati referendari sulla legge elettorale. Le firme raccolte, un milione e duecentomila (tra le quali la mia), sostenevano l'abrogazione totale (quesito 1) o parziale (quesito 2) dell'attuale legge elettorale (quella Calderoli, da lui stesso definita "una porcata"). La Costituzione prevede che siano sufficienti cinquecentomila firme per proporre (proporre) i quesiti referendari alla Corte Costituzionale, che ha la facoltà di giudicare sull'ammissibilità dei quesiti proposti (proposti) dal comitato. Non vi annoio con leggi e sentenze precedenti. Il punto è uno: sta alla Corte giudicare sull'ammissibilità dei quesiti (che devono avere le caratteristiche di chiarezza, univocità ed omogeneità). Per quanto riguarda i quesiti referendari su leggi elettorali, essi non possono riguardare la legge elettorale nella sua interezza (come faceva il quesito 1), ma solo parti di essa (come il quesito 2), affinché la parte residua di quella legge possa comunque garantire la propria operatività nell'eventualità di immediate elezioni. La repubblica democratica non può permettere un vuoto legislativo nella materia elettorale. Il punto è: il secondo quesito proposto (proposto) in questi giorni risponde a questi requisiti? Garantisce l'immediata applicabilità della normativa residua?


Ecco, no. Lo ha deciso la Corte Costituzionale, nell'ambito dei propri poteri. Punto. Possiamo non essere d'accordo, e lamentarci per una legge elettorale penosa, come io credo sia quella vigente. Ma gridare al golpe e al sovvertimento dell'ordine democratico è in primo luogo patetico, in secondo fuorviante, in terzo rappresenta uno schiaffo a mano piena all'ordine democratico. Perché è la Consulta a decidere sull'ammissibilità dei quesiti referendari, non è il popolo (così demagogicamente tirato in ballo). E la Consulta ha detto che non sono ammissibili. Punto. Era Berlusconi più di un anno fa a vomitare parole d'odio contro la Corte (che gli aveva bocciato il lodo Alfano, rendendolo "incostituzionale"), non facciamo l'errore di comportarci in maniera analoga a quella di un uomo che non ha il minimo rispetto per le istituzioni.


Due. La Camera boccia, per la seconda volta, la richiesta d'arresto nei confronti di Nicola Cosentino, avanzata dai giudici nell'ambito di un'inchiesta della dda di Napoli sulla camorra. Una parte dei trecentonove deputati che hanno negato la custodia cautelare si è fatta scudo con il voto segreto voluto dal PdL e ha votato in difformità con l'indicazione del proprio gruppo parlamentare. Tra questi non ci sono i sei deputati radicali eletti nelle liste del partito democratico, che hanno annunciato fin da subito l'intenzione di votare no all'arresto, in rispetto del principio garantista del quale si fanno baluardi. Ecco, no. Da quando garantismo è sinonimo di impunità? Da quando garantismo è sinonimo di ostacolo alla giustizia? Questo appropriarsi di parole nobili per coprire le proprie azioni e le proprie responsabilità, spacciando quest'ennesimo abuso come coraggioso atto di libertà, è disgustoso.


I trecentonove che anche oggi hanno svilito le istituzioni del nostro Stato, hanno voluto semplicemente dirci una cosa. Siamo qua non perché ci avete votato voi, ma perché l'ha deciso la segreteria del mio partito. Sono là senza il nostro mandato, ed è per questo che abbiamo bisogno di una nuova legge elettorale. E non l'avremo con un referendum.

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