giovedì 2 dicembre 2010

Correva l'anno 1988

Pubblichiamo uno scritto "a puntate" di mio zio Pierluigi, sotenitore del blog e divertente scrittore. Un'analisi sull'importanza dei computer e il potere della rete. Uno scritto che ha tanto da insegnare e propone interessanti spunti di riflessione.
Buona lettura e un grazie a PJ!

Un bel po' di tempo fa, era il 1988, comperai il mio primo computer. Era un Amstrad, un laptop ante-litteram, che aveva la presunzione di poter funzionare a batteria e di essere portatile (era quello della foto qui accanto). In realtà, era un oggetto bislungo, ingombrante e pesantissimo, dotato di uno schermo minuscolo a cristalli liquidi, in bianco e nero e di difficile lettura. La batteria era costituita da dieci pile torcia, che si esaurivano dopo nemmeno un'ora e talvolta non avevano abbastanza potenza, neanche da nuove, per far partire il disco fisso. Tuttavia, i personal computer da tavolo erano già in uso e cominciavano a farsi strada nel lavoro degli uffici; certo, per applicazioni appena più complicate che la semplice scrittura o il calcolo con un foglio elettronico elementare, bisognava ricorrere ai cosiddetti mini-computer, che erano definiti “mini” perchè invece di occupare un intero salone di 200 metri quadrati, abbisognavano soltanto di una normale stanza. In ufficio, per le nostre nascenti applicazioni sui GIS, ne avevamo uno della Digital Equipment, che per l'epoca era considerato potentissimo. Centinaia di metri di cavi erano stati stesi per tutto l'ufficio al fine di collegarlo a una decina di videoterminali sui quali gli informatici sviluppavano le prime applicazioni cartografiche, che poi venivano rappresentate su un unico terminale grafico (ovviamente in bianco e nero) oppure inviate al mastodontico plotter elettromeccanico, che era accudito da un tecnico in camice bianco. Comunque si trattava di cose all'avanguardia per l'epoca, che fecero della ora defunta Italeco un numero uno del settore. Era questo il contesto nel quale lavoravo, dunque i computer cominciarono ad interessarmi. Si trattava di un interesse un po' forzato, per la verità, poiché un umanista come me incontrava non indifferenti difficoltà ad applicare la logica matematica necessaria a farli funzionare, e soprattutto trovavo sproporzionato il rapporto fra il lavoro di programmazione e i risultati che si ottenevano.
Comunque, con i personal computer inventati da Bill Gates, le cose cominciavano a cambiare, e il genio di quell'uomo consistette per l'appunto nel capire che il computer poteva diventare uno strumento alla portata anche dei non addetti ai lavori. Delle potenzialità che si sarebbero poi dischiuse, tuttavia, nemmeno lui aveva avuto l'intuizione: non immaginava che i suoi computer presto avrebbero perso la caratteristica di essere personali, e si sarebbero trasformati in strumenti di comunicazione capaci di consentire a tutti l'accesso e la condivisione di informazioni distribuite in tutto il mondo

Continua...

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